Verso il Partito Democratico

23 ottobre 2007

La sfida politica del Partito Democratico

L’Italia repubblicana è stata protagonista, dal secondo dopoguerra in avanti, di uno straordinario sviluppo. Oggi, tuttavia, appare un paese frenato, ripiegato sulle proprie insicurezze e che fatica ad esprimere le proprie potenzialità. I freni che la legano sono molteplici, di ordine economico, politico e sociale.

La paura. L’Italia è un paese pieno di paura. Hanno paura i giovani precari, che non vedono davanti a sé un futuro più lungo di tre mesi; hanno paura le famiglie, su cui ricade un peso enorme di assistenza ai bambini e ai vecchi, e che devono supplire alla mancanza di servizi pubblici; hanno paura i lavoratori, che sentono minacciati quelli che considerano come diritti acquisiti; hanno paura gli imprenditori, che si sentono imbrigliati dalle regole del mercato del lavoro, dalla burocrazia, dal fisco, e che sentono la mancanza di infrastrutture adeguate; hanno paura gli oppressi dalle mafie, là dove la presenza dello stato è ridotta al lumicino; hanno paura i cittadini che si lamentano dell’insicurezza crescente nelle proprie città e spesso puntano il dito contro gli extracomunitari; hanno paura gli immigrati e tutti i ‘diversi’ che faticano ad inserirsi (e faticano anche perché la gente ha paura di loro). Quando la politica non riesce a dare risposte adeguate, ci si rifugia nella propria dimensione individuale, con i propri legittimi interessi e le proprie giustificate paure, ma queste rischiano di diventare egoismi e meschinità, se si perde la capacità di aprirsi all’altro e al diverso.

La transizione. A partire dalla fine degli anni Ottanta, con il crollo del Muro di Berlino e la fine della contrapposizione fra il blocco comunista e quello occidentale, si è avviata una lunga transizione all’interno della politica italiana, che oggi deve confrontarsi con scenari e problemi nuovi e diversi. La trasformazione dei grandi partiti ha dato luogo a mille scissioni e a mille partitini, sempre più spaventati dalla perdita della propria identità (e del potere dei loro leader), sempre più particolaristici e in concorrenza fra loro. Gli elettori di centro-sinistra sono delusi e non sopportano più la frammentazione e la litigiosità delle forze politiche che dovrebbero rappresentarli.

La democrazia malata. In Italia c’è uno scollamento fra cittadini e classe politica. Vi è una fortissima passione civile, ma a volte non trova rappresentanza, e questo si traduce nella protesta dell’antipolitica. La “democrazia malata”, efficacemente evocata da Walter Veltroni, sta nell’opinione diffusa che i partiti più che associazioni di cittadini che concorrono “con metodo democratico a determinare la politica nazionale” siano “incrostazioni della democrazia”, cardini di un sistema autoreferenziale, irresponsabile e dedito alla tutela delle posizioni di rendita politica. Questa visione qualunquistica, in cui gli esponenti politici e i partiti sono “tutti uguali”, è la migliore protezione culturale che si possa offrire proprio a politici incompetenti e corrotti che finiscono per essere indistinguibili dagli altri, favorendo l’ulteriore degenerazione dei partiti.

Il partito del ventunesimo secolo. Dopo due decenni di scissioni, il Partito Democratico inverte la rotta. Scommette sull’unione e sulla sintesi. Dà vita ad una forza che riunisce esperienze diverse e le proietta nel futuro. In un atto di estrema generosità politica, gli eredi delle due grandi tradizioni democratiche che hanno fatto l’Italia hanno sciolto i propri partiti per dar vita assieme ad un partito nuovo, che non solo raccolga il meglio di entrambi, ma che vada oltre, che sia il partito del futuro, il partito del ventunesimo secolo.

La partecipazione. Il Partito Democratico inverte la relazione fra la casta dei politici, che si autoriproduce elargendo favori, ed i cittadini, cui non resta che raccomandarsi a qualche ‘santo in Paradiso’. Un partito che nasce con le primarie è un partito in cui i politici sono l’espressione della partecipazione dei cittadini, ed in cui i cittadini, e non le oligarchie o i burattinai, scelgono direttamente, anche all’interno del partito, da chi farsi rappresentare. Il Partito Democratico nasce con una grande festa della democrazia, le primarie appunto, in cui i cittadini sono chiamati in prima persona a scegliere il partito che vogliono. Quanto maggiore sarà la partecipazione popolare alla selezione degli organismi costituenti del nuovo partito, tanto più marcata sarà l’innovazione, perché sarà più evidente a tutti, cittadini, militanti, rappresentanti politici, che “il bastone del comando” è nelle mani dei cittadini.

Cittadini e partito. Di più, se per la Costituzione i partiti sono i luoghi deputati all’espressione ed alla partecipazione dei cittadini alla vita politica ed alla gestione della cosa pubblica, il Partito Democratico nasce proprio con l’entusiasmo di riaprire la politica alla partecipazione dei cittadini. Il significato profondo e simbolico delle primarie, che va al di là di esse, è che i cittadini devono poter partecipare direttamente al funzionamento del partito che li rappresenta. E devono sapere come si prendono le decisioni, da dove arrivano i soldi, come sono spesi, etc. Questo significa anche inventarsi nuove forme di trasparenza e di comunicazione. Nel ventunesimo secolo, le informazioni sulla vita del partito e la possibilità di parteciparvi possono e devono, ad esempio, passare da internet.

Il respiro del futuro. Il Partito Democratico ha il respiro del futuro. Non è un’espressione vaga, bensì concreta. Nell’Italia di oggi le donne e i giovani sono sostanzialmente esclusi dalla politica. Fra i candidati del Partito Democratico la metà sono donne e tantissimi sono i giovani. Questo significa avere il respiro del futuro!

La sfida del futuro. La vera sfida che ha di fronte il Partito Democratico è quella di fare buona politica, di ridare entusiasmo e partecipazione ai cittadini, di restituire loro un futuro a cui guardare con fiducia e senza paura.

Obiettivi. La buona politica si misura sui contenuti e parte da impegni precisi, sulla base dei quali i cittadini possano scegliere e poi valutare i propri rappresentanti. Gli obiettivi che vogliamo perseguire all’interno dell’Assemblea costituente sono i seguenti:
a) la democratizzazione del potere: rendere effettivo, efficace e trasparente il controllo dei cittadini che si ispirano agli ideali del nuovo Partito sulla porzione di classe politica che esso esprimerà e sui suoi organismi dirigenti;
b) la partecipazione dei cittadini: favorire modalità di partecipazione (per le decisioni e per la formazione della cultura e delle linee politiche del partito) nuove e capaci di realizzare il coinvolgimento politico di milioni di cittadini in base ai modi e tempi che la società moderna impone, nello spirito dell’art. 49 della Costituzione sul ruolo dei partiti nella Repubblica.

Impegni. Il conseguimento di questi obiettivi necessita di alcune “garanzie”, per evitare il rischio che il processo in atto si traduca nella mera riproduzione delle peggiori abitudini e pratiche dei partiti costituenti. Noi ci impegniamo a tradurre tali garanzie nello statuto del Partito nelle assemblee costituenti regionale e nazionale:
- partito federale: i segretari del partito ed i rappresentanti di ogni ordine e grado dovranno essere scelti localmente, non imposti dall’alto;
- le primarie al centro: il centrosinistra è stato all’avanguardia nell’utilizzare le primarie come strumento di scelta dei propri candidati, sia a livello nazionale che regionale (da Prodi a Vendola, fino alla nascita del Partito Democratico); nello statuto del nuovo partito le primarie devono diventare il meccanismo cardine per la scelta delle cariche interne e per la selezione dei candidati alle cariche esterne;
- nuove regole per le primarie: per quanto la nascita di un grande partito attraverso un voto popolare sia un evento straordinario, le regole con cui si vota alle primarie del 14 ottobre 2007 devono essere migliorate; nel nuovo partito, le primarie si dovranno fare con un sistema elettorale fondato sul voto di preferenza per i singoli candidati e liste aperte alla partecipazione dei cittadini;
- merito, competenza e pari opportunità: come fatto per le primarie del 14 ottobre, le regole di funzionamento del Partito dovranno rafforzare le pari opportunità tra donne ed uomini sia nelle candidature e nelle nomine per incarichi di rappresentanza politica che per le nomine negli enti e nelle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni a tutti i livelli; nelle nomine degli amministratori di enti e società partecipate, soprattutto a livello locale, il Partito dovrà promuovere un significativo rafforzamento dei criteri di qualificazione professionale e competenza;
- lotta alle posizioni politiche di rendita, clientelismo e familismo: il Partito dovrà garantire, anche valorizzando l’esperienza del passato sulla limitazione del numero di mandati parlamentari, le regole sul ricambio e sulla contendibilità di tutte le funzioni dirigenziali sia all’interno del Partito che nell’ambito delle istituzioni pubbliche, anche prevedendo limitazioni temporali o di numero ai mandati, un numero minimo di candidati giovani e l’incandidabilità per le persone che siano state condannate definitivamente per gravi reati – inclusi i reati contro la pubblica amministrazione e l’evasione fiscale – oltre che, in via precauzionale e temporanea e salva la presunzione di innocenza, per le persone che siano state condannate in primo grado per i medesimi reati;
- trasparenza dei costi della politica: la richiesta di buona politica si esprime anche attraverso una maggiore trasparenza nelle spese e nelle entrate che il Partito Democratico sosterrà, anche attraverso una maggiore pubblicità di quest’ultime, sia per quanto riguarda i singoli eletti sia per il soggetto politico nel suo complesso;
- regole congressuali che evitino la frammentazione in correnti: il nuovo soggetto politico deve rappresentare la sintesi delle storie dei partiti, delle associazioni e dei singoli che lo costituiscono. A tal fine, bisogna evitare che si creino al suo interno correnti e fazioni che ricalcano i “vecchi” DS e DL, o peggio, le correnti interne ad essi. A tal fine, le assise del nuovo partito dovranno essere organizzate per tesi programmatiche e non per mozioni. Il voto e la scelta dei dirigenti sarà quindi legata ai temi ed ai contenuti della proposta politica, e non all’appartenenza all’una o all’altra mozione o corrente.

Al voto! Sulla base di questo impegno, chiediamo ai cittadini interessati ad attuare questa “rivoluzione democratica” di manifestare il proprio consenso e di essere essi stessi promotori del consenso di altri. Chiediamo il voto alle primarie per far percepire al Paese la forza della pressione democratica dei cittadini, indirizzandola verso le scelte forti e innovative di cui il Paese ha bisogno, imponendole una piena assunzione di responsabilità. La partecipazione alle primarie e l’ampio sostegno a Veltroni costituiscono anche il più forte segnale che i cittadini possono esprimere nei confronti del Governo Prodi, per rafforzarne l’azione e contrastare le turbolenze che animano la maggioranza di centrosinistra.

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2 Comments:

  • Riflessioni sulla sfida politica del Partito Democratico

    1. La sfida
    L’Italia è attraversata da una profonda crisi morale, politica e sociale, alla radice dell’incapacità della società italiana di aggredire i problemi strutturali che il Paese attraversa ormai da lungo tempo. La “democrazia malata”, efficacemente evocata da Walter Veltroni, è il frutto di due tendenze che costituiscono l’essenza della sfida politica del Partito Democratico.
    La classe politica dimostra una preoccupante impermeabilità alle richieste ed alle sensibilità dei cittadini. La classe dirigente politica, anche nel nascente Partito Democratico, recepisce a fatica (e spesso per opportunismo mediatico) le istanze di innovazione della politica e di rafforzamento dei criteri della competenza nella selezione dei rappresentanti politici e della moralità (intesa come senso della misura e senso delle istituzioni) nella discriminazione di comportamenti che, al di là della formale legalità, vengano considerati politicamente accettabili. È questa l’essenza della questione morale, che colpisce ed esaspera soprattutto quella parte della società italiana che si riconosce nei valori del progresso e della tutela dell’interesse pubblico.
    Il secondo fenomeno che alimenta la malattia del sistema politico democratico, speculare al primo, è il distacco e la disaffezione dei cittadini verso la politica e la classe politica, con il rischio di delegittimazione delle istituzioni democratiche. In una visione comunemente identificata come antipolitica, i partiti più che associazioni di cittadini che concorrono “con metodo democratico a determinare la politica nazionale” sono considerati “incrostazioni della democrazia”, cardini di un sistema politico autoreferenziale, irresponsabile e dedito alla tutela delle posizioni di rendita politica. Questa visione qualunquista, in cui gli esponenti politici e i partiti sono “tutti uguali”, è la migliore protezione culturale che si possa offrire proprio ai politici incompetenti e corrotti che finiscono per essere indistinguibili dagli altri, favorendo l’ulteriore degenerazione dei partiti.
    Questi fenomeni conducono ad una perdita di autorevolezza della politica e di visione condivisa del ruolo della politica e della democrazia. In questo contesto, si è diffusa tra i cittadini e i rappresentanti politici una visione corporativa delle decisioni pubbliche e delle riforme, proprio quando il Paese richiede politiche radicali ed innovative, facendo sintesi oltre che contrapponendo e soppesando i diversi interessi particolari. La frammentazione della rappresentanza politica, esacerbata dall’attuale legge elettorale nazionale, è una proiezione della visione corporativa della politica e dell’assenza di ambizione della classe dirigente politica. La difficoltà con si è affermato il progetto politico dell’Ulivo nell’ultimo decennio è un evidente esempio del malessere richiamato.
    In questo scenario e con una scelta dei tempi e dei modi che ne limita fortemente la forza egemonica politica e culturale, ci avviamo all’evento storico della nascita del Partito Democratico. È questa la sfida politica del Partito Democratico.

    2. Il nuovo Partito: la rivoluzione democratica
    Per vincere la sfida politica, occorre ascoltare il malessere che è nel Paese, canalizzando le pulsioni antipolitiche in partecipazione politica efficace e responsabile. Occorre quindi una vera e propria rivoluzione culturale e politica, frutto della partnership tra i militanti dei partiti e delle associazioni che costituiscono le radici umane, culturali, politiche e sociali del nuovo Partito e i cittadini che costituiscono l’aspirazione politica e sociale del nuovo Partito. I primi dovranno lottare per mantenere le promesse del nuovo processo democratico attraverso il Partito che nasce, i secondi dovranno infondere forza e credibilità politica, oltre che anima sociale e culturale al nuovo Partito, attraverso il proprio voto “che decide” (per la prima volta democraticamente) del futuro di una forza politica nella sua fase costituente. Sebbene non si possa pesare il processo in corso soltanto mediante la partecipazione alle primarie del 14 ottobre 2007, la maggiore innovazione del Partito Democratico sta nella partecipazione popolare alla selezione dei suoi organismi costituenti: quanto maggiore sarà questa partecipazione tanto più marcata sarà l’innovazione del nuovo Partito, perché sarà più evidente a tutti, cittadini, militanti, rappresentanti politici, che esso il bastone del comando è nelle mani dei cittadini.
    La nuova partnership tra politica e cittadini richiede che, più che enunciare valori, il Partito Democratico si impegni a realizzare politiche realmente ispirate da valori: rispondendo ad esigenze concrete nella gestione delle politiche sociali ed economiche, nella selezione dei suoi rappresentanti politici, nel suo funzionamento.

    By Blogger Luciano Greco, at 6:27 PM  

  • Partnership tra classe politica e cittadini (commento al post di Luciano).
    Se veramente si vuole che si verifichi una "rivoluzione culturale", occorrerà che la classe politica superi l'idea riduttiva che la partecipazione dei cittadini si esplicherà solo attraverso il voto, per quanto regolamentato dall'istituto delle Primarie. Occorrerà mettere in atto vere e proprie forme di partecipazione attiva di tutti all'elaborazione ed alla discussione delle decisioni politiche che il Partito Democratico dovrà assumere. Elaborazione, discussione e sintesi consentiranno non solo ai politici di professione ma anche a tutto il popolo del centro sinistra di acquisire come patrimonio le decisioni democraticamente assunte e fornirà una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli elettori. Il voto dovrà essere solo il termine ultimo di un processo di analisi e di approfondimento partecipato, in cui i politici dovranno farsi carico di funzioni di guida, interpretazione e mediazione tra tutte le parti in gioco, nella più assoluta trasparenza attraverso le forme di comunicazione più impattanti e bidirezionali possibili.

    By Blogger Elettra, at 10:02 PM  

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